Sappiamo dai mass media che nell’ultimo incontro dei Capi di Stato e di Governo si è dato mandato all’UE di preparare un Piano di recupero per l’economia europea post coronavirus. (Una crisi e un’ opportunità)
Un poderoso piano di ben 1,5 trilioni di euro (1.500 miliardi di euro) da distribuire ai Paesi dell’Unione.
Come trasformare una crisi in una nuova opportunità?
La risposta potrebbe sembrare un paradosso ed invece è molto semplice: prevedere un piano per settori economico-sociali anziché per singoli Paesi. Significa in sostanza al posto di cercare di finanziare i singoli Paesi UE per ottenere la stessa situazione sociale ed economica pre-crisi pandemica, pianificare, invece, interventi mirati a settori strategici considerati vitali per il futuro dell’economia dell’intera UE.
Questo permetterebbe ad esempio di evitare distorsioni e squilibri nell’economia europea, faciliterebbe una maggiore integrazione sociale ed economica, appianerebbe, nel tempo, il divario ormai insopportabile fra le bilance dei pagamenti dei Paesi del Nord rispetto ai Paesi del Sud Europa.
Entrando nel concreto, si dovrebbero individuare i settori quali ad esempio l’industria dell’auto per spingere la ricerca verso nuovi mezzi di trasporto ad impatto zero, un nuovo sistema di trasporto privato che privilegi l’ambiente e la sostenibilità economica.
Restando nel settore dei trasporti, si dovrebbe cogliere l’opportunità di pianificare un recupero del trasporto aereo europeo, uno dei più colpiti dalla crisi, evitando che il Recovery Fund dia disponibilità ai singoli Stati che farebbero un uso domestico dei fondi con incentivi alle Compagnie nazionali, spesso decotte (vedi Alitalia), mantenendo così il vecchio status quo, destabilizzante, non competitivo e foriero di squilibri difficilmente sanabili.
Un altro settore che dovrebbe essere finanziato a livello europeo dovrebbe essere il settore della ricerca farmaceutica. La crisi ci ha chiaramente insegnato che per rendere efficiente ed efficace questo settore occorre potenziare ed uniformare la ricerca in modo da ottenere economie di scala, concentrazione di risorse e di cervelli al fine di pervenire nel minor tempo possibile a nuovi farmaci e/o terapie che sono nell’evidenza dei fatti vitali.
Per ultimo in ordine, non certo per importanza, i settori energetici e della Ricerca.
Il Recovery Plan darebbe a questi settori la massa critica di finanziamenti necessaria per spingere ed implementare ricerche e produzione di brevetti che saranno profittevoli per l’intera Europa nei decenni a venire.
Nel secolo scorso con il Piano Marshall si falli l’obiettivo dell’armonizzazione dell’economia europea, sarebbe il caso di non fallire l’occasione storica che questo secolo ci propone.

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