Le obbligazioni subordinate sono obbligazioni come tutte le altre. O no?

obbligazioni-subordinateIn questi giorni moti si saranno posti questa domanda e magari non è giunta una risposta univoca. Vediamo di fare un minimo di chiarezza. Quando una banca ha bisogno di denaro può scegliere essenzialmente due strade per raccoglierlo. La prima, quella più naturale, è effettuare un aumento di capitale sociale. In questo caso chiede a nuovi soci capitalisti di investire nella banca perché è solida e promette di pagare in un prossimo futuro lauti dividendi. Gli interessati ovviamente metteranno sotto la lente d’ingrandimento i bilanci della banca per capire se è un affare oppure una fregatura. La seconda strada, quando la prima è consigliabile per evidenti ragioni non seguirla, è procede all’emissione di obbligazioni subordinate. Così facendo la banca non aumenta il capitale ma il patrimonio, non ci sono nuovi azionisti ma nuovi creditori  che saranno gli ultimi ad essere rimborsati se le cose dovessero andar male. L’obbligazionista subordinato assume lo stesso rischio dell’azionista pur non avendo la stessa denominazione. Agli occhi del piccolo risparmiatore le obbligazioni subordinate sono assimilabili alle obbligazioni “normali” quindi “garantite” con il vantaggio che rendono di più rispetto alle “normali”. La difficoltà di distinzione risiede anche nel lessico. Nei Paesi anglosassoni le obbligazioni  ordinarie “normali” si definiscono bond, le subordinate capital money. Ciò aiuta a capire la differenza ed il diverso grado di rischio. Vediamo ora come si concretizza la crisi ed i suoi effetti. Quando la banca concede prestiti in modo errato si trova in difficoltà ed entra in crisi. Un politico, quando  vuole (deve) finanziare l’amico può farlo direttamente con fondi pubblici ma risulta evidente che l’operazione è soggetta a rischio, se lo fa tramite una banca l’operazione assume l’immagine di essere neutra perché effettuata da una banca. L’operazione di collocamento delle obbligazioni subordinate può stare in piedi finchè l’intero patrimonio della banca non viene compromesso. Prima che avvenga ciò, dalla banca “qualcuno” di ben informato, chiama l’amico e suggerisce di vendere, tutto, subito ed al meglio. Il piccolo risparmiatore che dopo qualche tempo si accorge che sono state vendute grandi quantità del titolo che ha in portafoglio, cerca anche lui di vendere con la sgradita sorpresa che nel frattempo il prezzo è crollato. A quel punto cerca di resistere finchè con il fallimento della banca perderà ogni suo avere. Rispetto al politico che vuol  (deve) finanziare l’amico, questa operazione presenta un vantaggio, alla fine si guadagna e molto. Il guadagno è derivato dalla perdita dei risparmi dei piccoli ed ignari risparmiatori.

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