La (ri)conquista della Libia: un errore

Abbiamo sentito in questi giorni che l’Italia potrebbe avere un posto di primo piano nel progetto di pacificazione della Libia.
Sappiamo perfettamente che quando un Paese è produttore di petrolio le Potenze bilanciatrici sono interessatissime a fare in modo che i loro interessi politici e commerciali siano ben presenti in quei martoriati Paesi.
La Storia della conquista Italiana della Libia non ci fa onore come popolo, basti ricordare le migliaia di persone recluse nei campi di concentramento e le migliaia di deportati. Storia si dirà, però la Storia è maestra di vita.
La conquista moderna della Libia è un errore madornale perché data la situazione politica attale non vi è nessuna possibilità di riuscita. Un Paese dove non esiste un Governo di unità nazionale, un territorio che sfugge al controllo dei due Governi attualmente operanti in Libia, zone  controllate da Capi tribù o da Signori della Guerra, ben armati, con disponibilità consistenti di valuta internazionale, che godono della fedeltà delle loro genti non possono essere messi da parte. Loro si, governano il territorio. Godono di contatti e relazioni personali non mediate, sanno perfettamente come amministrare e mantenere le relazioni anche per la sistemazione di eventuali diatribe. La spartizione del potere è avvenuta da tempo su basi territoriali, politiche, personali ed economiche, nessuno stante l’attuale situazione ha interesse che lo status quo cambi, tutti avrebbero qualcosa da perdere.
L’infiltrazione dell’ISIS in questa situazione politico-amministrativa è funzionale al potere locale finchè non si scontrerà con gli interessi dei “signori” locali e sarà consentita finchè riuscirà a mantenere l’attuale assetto politico.
L’esercito italiano con il coraggio dei suoi soldati che sempre l’ha distinto nelle pagine di Storia si troverebbe a confliggere con una situazione fluida di rapporti personali e politici di cui non ha e non potrà mai avere contezza. L’eroico bersagliere o paracadutista addestrato a battersi con un nemico visibile, noto e dichiarato si dovrà confrontare con un “nemico” ignoto, non visibile, sfuggente che si confonde perfettamente fra la gente locale. La sentinella super armata e ben addestrata posta all’incrocio di una strada per controllarne il  traffico non ha e non avrà nessuna possibilità di riconoscere il  “nemico” che gli passa accanto studiandolo. Lo sta esaminando, studia l’armamento che possiede, prende nota  di quali strumenti di comunicazione è dotato, osserva quali mezzi di supporto ha a disposizione, cronometra i suoi tempi di reazione. Alla fine, lui abituato da anni a combattere, lo saluta con un cenno della mano ed un bel sorriso. Questo “nemico” ha già celebrato il suo funerale, la sua “guerra” è senza tempo e senza confini, le sue esigenze di finanziamento sono certe, sicure ed illimitate, non ha dubbi, è certo di combattere per una causa giusta, il tempo non conta. Il militare italiano ha necessità di affinare le sue capacità di combattimento nel deserto, il “nemico” vi è nato, è casa sua, vi ha combattuto ed è disposto a farlo ancora finchè non vincerà. Oltre a questo sa di poter contare sulla protezione e sull’aiuto dei clan locali.
Attualmente il solo Paese pronto ad un confronto armato è la Francia con la Legione straniera da anni basata a Gibuti. I legionari vengono costantemente addestrati al combattimento nel deserto.
Strategicamente occorrerebbe isolare il “nemico” partendo dalle città per poi cercare di spingerlo in zone non abitate per  colpirlo. Purtroppo questa strada non è percorribile perché occorrerebbe conoscere chi è il “nemico”. Non si hanno informazioni demografiche, niente impronte digitali, niente scansioni dell’iride, niente controlli per conoscere chi recentemente abbia usato armi da fuoco. Questo è lo scenario che affronterà l’Italia in una possibile missione in Libia.
Il risultato sarà catastrofico sia in termini economici che in termini di perdite di vite umane. Sarà il nuovo Vietnam italiano, una situazione della quale non si riuscirà ad intravvedere la fine, un buco nero dove mezzi ed uomini verranno fatalmente attratti e distrutti.
I Generali inviati in Libia troverebbero una situazione mutevole di giorno in giorno, il Popolo italiano non capirebbe perché si è scelta l’azione militare ed il Governo sarebbe ampiamente contestato.
Oltre a questo se l’Italia dovesse con i suoi soldati sbarcare in Libia che si prepari a piangere le vittime degli attentati terroristici sul suo suolo.
La Libia “bel suol d’amore” è stata e sarà un fatale disastro per l’Italia.

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