Il Quirinale nomina i ministri, non li ratifica

L’articolo 92 della Costituzione è chiaro: Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri. Si faccia attenzione all’uso delle parole: il Presidente «nomina», non «controfirma» o «ratifica» la nomina effettuata da altri (termini utilizzati chiaramente in altri articoli della Costituzione). Allo stesso modo la lista dei ministri non viene definita una «indicazione», bensì una «proposta» che in quanto tale non può avere carattere perentorio. Sergio Mattarella non è stato il primo, infatti, a chiedere la sostituzione di qualche ministro proposto dalle forze politiche nella delicata fase di formazione del governo: nel 1979 Pertini disse no a Cossiga su Darida alla Difesa; nel 1994 Scalfaro a Berlusconi su Previti alla Giustizia; nel 2001 Ciampi a Berlusconi su Maroni alla Giustizia; nel 2014 Napolitano a Renzi su Gratteri alla Giustizia.

Del resto lo stesso Di Maio, nei giorni scorsi, confermò più volte che non era in corso nessuna trattativa sui ministri in quanto “li sceglie Mattarella”. È vero che il Quirinale non è legittimato ad interferire con l’indirizzo politico del governo e del Parlamento, tuttavia ha la responsabilità della nomina di un ministro. Nel caso del prof. Savona, Mattarella ha spiegato benissimo che il problema non era costituito dalle scelte politiche che la maggioranza giallo-verde avrebbe portato avanti, ma dalla persona indicata per ricoprire il ruolo di ministro dell’economia. Dovendo tutelare l’interesse generale del paese e la sue tenuta economico finanziaria, il Presidente della Repubblica deve assicurarsi che la nomina di un ministro cosi importante sia un segnale di rassicurazione internazionale e di stabilità per i mercati, non un gesto di sfida. E questo indipendentemente dalle politiche che poi il governo, legittimamente, adotterà. Il comunicato del prof.

Savona diffuso nella giornata di ieri aveva invece rafforzato la preoccupazione per le conseguenze della sua nomina, poiché parlava di UE ma non conteneva nessun riferimento alla moneta unica e alla permanenza dell’Italia nella zona euro. Gli investitori internazionali, le agenzie di rating, lo spread, la Borsa come avrebbero reagito alla nomina di un ministro che da quasi dieci anni parla apertamente di uscita dell’Italia dall’eurozona? Mattarella ha fatto bene a non cedere in questo braccio di ferro con Salvini e Di Maio, che fin dall’inizio erano stati avvisati della necessità di indicare ministri che avessero un certo profilo.

Il Quirinale si è mosso tutelando l’interesse generale, restando nell’ambito delle prerogative che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica come abbiamo cercato di spiegare sopra. Se un appunto va mosso a Mattarella è quello di aver portato fin troppa pazienza e aver chiuso un occhio su alcune irritualità delle ultime settimane. Altro che messa in stato d’accusa, qualcuno non ha capito che vincere le elezioni non significa diventare padrone del paese. Nel nostro caso, oltretutto, non le hanno nemmeno vinte.

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