Bettino Craxi e la ragion di stato perduta

Ieri, ma nel 2000, moriva Bettino Craxi. In esilio come Napoleone, per molti. Latitante, per molti altri. Non l’ho mai amato al tempo, ma è proprio vero che deve passarne molto prima di capire e di giudicare storicamente. Persino oggi, forse, è ancora presto. E presto, probabilmente lo sarà ancora a lungo. Ciò che è certo è che fu l’ultimo vero statista italiano. E se, col senno di poi, oggi tornasse in vita e in politica, quanti lo accoglierebbero con entusiasmo? Tanti e craxi 1forse anch’io. Lo dico riconoscendo una sconfitta che è anche la mia, però ammettendo di aver imparato una lezione: la morale da sola è mesto moralismo e non serve a nulla, o, perlomeno, non basta. Dopo aver a lungo apprezzato Antonio Di Pietro e il pool di Mani Pulite per il tentativo di risollevare l’Italia da una crisi morale che aveva portato alla metastasi l’intero paese, a bocce ferme e avendo provato l’alternativa, solo oggi mi accorgo che con la distruzione di quella classe dirigente, colpevole e mafiosa certo, sono svaniti anche i sogni di un intero paese che da allora non si è più ripreso, politicamente ancor prima che economicamente. Anche questo è un aspetto che va considerato in un giudizio sereno sulla persona, sul politico e sulla presunta moralizzazione. Ne è valsa la pena? No. Non fosse altro perché non c’è stata nemmeno la moralizzazione e gli Italiani sono stati costretti a scegliere tra un sistema corrotto ma competente e un sistema altrettanto corrotto ma incompetente. E, loro malgrado, hanno scelto quest’ultimo, ingannati come sempre dalla maledizione italica così ben espressa dal Manzoni nel suo Adelchi.

I vuoti di potere non esistono e quindi con la morte politica di Craxi, con la fine della legittimità del Potere Politco, quelli che prima erano relegati dalla politica a farne i fattorini, i banchieri, presero in mano il potere economico di questo paese. Il berlusconismo e l’anti-berlusconismo  appaiono, in questo momento storico, come un nulla politico che si è manifestato più palesemente nella politica estera, dall’ Afghanistan all’ Iraq fino alla Libia di Gheddafi, in una completa mancanza di competenza, di strategia e di senso nazionale che ha raggiunto l’apice nell’ India Meridionale. Si può quindi rimpiangere Craxi? Si, sarebbe bastato un decimo del suo coraggio e della sua intelligenza per conservare un minimo di rispetto alla ragion di Stato, oggi.

Come non ricordare la crisi di Sigonella, quando il premier di quel piccolo paese della periferia dell’impero si oppose con mezzi militari e non solo politicamente  all’America (i Carabinieri avevano l’ordine di sparare in caso la Delta Force non si fosse ritirata): contro  Regan e non contro Bush figlio, la differenza non è da poco, consentitecelo. E’ vero poi che la doppiezza dell’ Italia si manifestò, poco dopo, con la liberazione del terrorista catturato Abu Abbas, fatto partire con un volo ad hoc. Ma anche questa mascalzonata fu fatta nel rispetto della ragion di stato italiana. Questo smacco, gli Americani non lo perdonarono mai a Craxi. Vale la pena di sospettare che il ritrovato legalitarismo degli Italiani, che è stata una delle mie grandi battaglie politiche (e che di fatto sconfisse politicamente Craxi e tutti i suoi amici nel 1992) fosse una manovra vendicativa legata alla più alta esperienza di politica estera che la storia repubblicana italiana avesse mai conosciuto, piuttosto che non a un vero, onesto, sincero  desiderio di ripulire le mani alla politica. Siamo stati ingannati e, oggi come oggi, all’Italia occorre un altro statista. Un altro Bettino, senza ombra di dubbio. Chissà quanto tempo potrà volerci.

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