Islam, è il momento di trattare

condanniamo_il_terrorismo

Islam è pace. A Tione la marcia dei musulmani giudicariesi per condannare, senza se e senza ma, il terrorismo

Adesso, però, abbiamo ragione noi. Adesso, però, siamo in vantaggio. Il terrorismo islamico che ha colpito così duramente in USA e in Europa, ha invertito i rapporti di predicazione tra le due parti in conflitto. Ora come ora, dopo i fatti di Parigi, dopo l’immigrazione selvaggia, dopo che le primavere arabe hanno portato ancora più instabilità negli  Stati islamici, la Storia ha dato il suo verdetto. Il fondamentalismo non serve alla causa islamica. Non serve al dialogo tra le due civiltà, che dovrebbe essere basato sulla pari dignità di ciascuno e sul riconoscimento reciproco dei valori dell’altro. Il terrorismo islamico ha fatto passare in secondo piano le ragioni del suo popolo: gli abissali divari di reddito e di tecnologia, le condizioni di povertà estrema, le malattie endemiche, il mancato accesso all’istruzione. Tutto è  stato sostituito dalla ragione del principio di sopravvivenza occidentale che beffardamente viene promosso dal terrorismo stesso a imperativo categorico e imprescindibile. Ma è proprio così che il mondo si prepara a una guerra mondiale senza via di scampo. Una volta che il meccanismo dell’escalation militare è messo in moto è quasi impossibile fermarlo. Invece in questo momento è il caso di sedersi al tavolo della trattativa da una posizione privilegiata di chi ha subito se non di più, almeno per ultimo.

In Medio Oriente è tempo di riprendere, seppur con estrema durezza e severità, relazioni e diplomazia perché nessuna religione deve poter essere invocata per risolvere questioni politiche, per seminare odio e divisioni, distruzione e morte. Chi non la pensa così da una parte e dall’altra deve essere eliminato dalla parte moderata affine: tocca ai moderati occidentali isolare gli estremisti così come tocca all’islam moderato dimostrare di esistere mettendo i fondamentalisti in condizione minoritaria e inoffensiva. L’errore nel quale più facilmente cadono gli occidentali è quello di definire l’Oriente arabo come un’entità unica, un blocco indistinto caratterizzato solo dal fattore religioso (o da quello energetico). Fin dal suo sorgere verso la fine del XVIII secolo, la “questione Orientale” è stata considerata e interpretata secondo categorie etiche e politiche occidentali di un’ Europa post-rivoluzionaria. Oggi, per l’Europa, l’Oriente è sempre più un corpo estraneo, una realtà lontana e pericolosa. E mai come ora, agli occhi degli occidentali l’intero mondo mussulmano rischia di diventare il mondo dell’integralismo islamico. In questo “mondo di Allah” non c’è spazio per le specificità etniche, storiche e culturali di ciascun popolo. Non c’è modo di abbandonare pregiudizi senza addentrarsi in definizioni puntigliose. In un mondo così approssimativamente percepito non c’è spazio per relazioni internazionali e diplomatiche, ma solo per una guerra.

Il fenomeno dell’estremismo è comune a tutte le principali confessioni religiose e si configura come una forma di intolleranza che non ha nulla di religioso ma ha molto di politico ed è infatti strumentalizzato per conseguire precise finalità e ambiziosi disegni temporali (stati che si autoproclamano, territori da conquistare, potere). Anche l’occidente ha nella sua Storia un periodo in cui il sacro è stato usato per fini politici, svilendo la funzione della Religione e collegandola quindi alla bassezza delle più infernali passioni e avidità umane.

E’ questa la trappola dello scontro di civiltà che porterebbe inevitabilmente a una guerra dagli esiti incerti e catastrofici per l’umanità. Dobbiamo prepararci militarmente e politicamente per non combatterla.

 

One Response
  1. Luca febbraio 1, 2016 Reply

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *