Brexit, ora quale Europa?


Il  referendum di giovedì scorso ha dato un nuovo volto all’Europa, non più unita ma un’Europa che si è incamminata speditamente verso la disintegrazione. Si teme l’effetto domino, cosa ormai inevitabile.
Da molto tempo si sentivano gli scricchiolii di un’Europa estremamente burocratizzata, lontana anni luce dalle esigenze elementari dei popoli europei, sempre più impoverita da una crisi che non vede fine. Tutto questo fu ampiamente denunciato da vari inascoltati intellettuali di estrazioni politiche diverse.
Ora  è lecito chiedersi: quale Europa?.
Certamente non l’Europa ante referendum, sarebbe improponibile, occorre immaginare e realizzare un’Europa diversa, più solidale che possa rispondere alle necessità impellenti dei popoli europei da decenni dimenticati. Questa “nuova” Europa dovrà ricostruire tessuti sociali ed economici devastati in precedenza, un ceto medio che è scomparso, giovani disoccupati con alte qualificazioni professionali che non riescono ad immaginare un percorso di crescita personale ed economica. Il nuovo sogno europeo è intriso di speranze e di aspettative che non potranno essere disattese, sarebbe la fine.
A fronte di queste legittime aspettative  i leader europei residui si incontreranno per definire il nuovo percorso dell’Europa post Brexit. Le premesse le abbiamo viste. Livore nel definire che l’uscita del Regno Unito dall’ex UE “non sarà un divorzio consensuale”, gli schemi burocratici si ripetono invariabilmente senza mutazione alcuna. Stesso protocollo, stesse enunciazioni, stesse iperbole lessicali che non portano a nulla di concreto, stessi stantii schemi ideologici. Nessuno, proprio nessuno dei leader europei superstiti della “vecchia” Europa ha avuto la lungimiranza di dire che ora le basi di ciò che resta dell’Unione devono essere completamente rifondate con schemi e modalità completamente diversi.
Non si potrà costruire la “nuova” Europa se non verranno radicalmente modificate le Istituzioni. Oltre al Parlamento europeo dovranno essere direttamente eletti dai cittadini i rappresentanti della Commissione Europea ed il Presidente dovrà essere espressione diretta del voto dei popoli europei. La priorità economica della “nuova” Europa dovrà essere il raggiungimento ed il mantenimento della piena occupazione con l’inserimento di un welfare sociale pensato per i prossimi 50 anni.
La Banca Centrale europea non dovrà essere fossilizzata sul controllo della moneta ma dovrà avere una politica flessibile che punti innanzitutto e soprattutto allo sviluppo sociale ed economico di tutti, nessuno escluso, i popoli europei provvedendo ad eliminare le eventuali situazioni di  squilibrio economico e sociale.
Di tutto questo nulla traspare nell’immutevole, estenuante protocollo germanocentrico degli antichi sopravvissuti leader europei.
La Storia ha cambiato pagina, il popolo britannico ha sentenziato e lo ha fatto nella maniera più chiara possibile: ha votato per l’uscita la frazione medio-bassa, chi più ha sofferto gli effetti della vecchia Europa, hanno votato a favore i burocrati, i londinesi, chi  ha potuto ed avrebbe voluto ancora avvantaggiarsi rispetto a tutti gli altri.
D’ora in poi tutto, dovrà necessariamente essere diverso.

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